giovedì 8 febbraio 2018

THE CLOVERFIELD PARADOX - La Sorpresa (no spoiler)


E chi se lo aspettava che il signor Netflix se ne uscisse di soppiatto con il terzo capitolo della saga di "Cloverfield" ideata dal buon vecchio J. J. Abrams e iniziata 10 anni fa, nel lontano 2008. Durante l'ultimo Superbowl, infatti, è stato trasmesso il trailer di "The Cloverfield Paradox" che si è dimostrato essere il diretto sequel del film dello scorso decennio, che come sappiamo ha già avuto un'estensione della storia con "10 Cloverfield Lane" uscito nel 2016.

In molti abbiamo amato Cloverfield, catturati dall'evolversi delle circostanze conseguenti all'improvvisa invasione della gigantesca creatura. Ed il fatto che allora non ci venne spiegato nulla a riguardo, a parte il poter intuire qualcosa dagli ultimi secondi in cui vediamo cadere nell'oceano quello che si pensava fosse un satellite, di certo non vedevamo l'ora di veder arrivare sullo schermo delle risposte. Questo nuovo capitolo da le risposte che cercavamo? Sì, ma non tutte. Però procediamo con ordine.

La teoria che maggiormente venne accolta vuole che quell'oggetto che alla fine del film si vede cadere nell'oceano, abbia in qualche modo risvegliato il gigante crostaceo, dalla community bonariamente denominata "Clover", che per secoli e secoli ha dormito sul fondo. J. J. Abrams non si è per niente sbilanciato nel darci qualche informazione, se non che il mostro a detta sua è un "enorme bambinone", un "cucciolo (alla faccia) impaurito". Quindi le sue origini fino ad ora erano ancora un mistero.


Nemmeno il successivo 10 Cloverfield Lane ci ha fornito delle risposte. Anzi, come ho già detto sopra, si è dimostrato essere un'espansione dell'universo di Cloverfield. Precisamente una storia parallela che dovrebbe svolgersi in concomitanza dell'attacco del mostro a New York. Ma emergono degli elementi in più, per ciò considerato un "consanguineo" del primo. Dal momento che l'80% del film è ambientato in un bunker e che vede l'interazione tra soli 3 soggetti per tutta la durata, non possiamo che cogliere degli "indizi" negli ultimi venti minuti quando Michelle (interpretata da Mary Elizabeth Winstead) riesce ad uscire dal bunker costruito da Howard Stambler (interpretato da John Goodman), venendo braccata da una creatura aliena, e negli ultimi momenti quando dirigendosi verso Houston nel cielo si vedono delle navi extraterresti.

Da qui capiamo che si tratta effettivamente di un puro attacco alieno, ma la cosa strana è che se è vero che la storia è parallela a quella del primo film, in quest'ultimo non viene fatta alcuna menzione dell'invasione da parte delle autorità. Ma c'è un altro elemento che fa da filo conduttore con il primo film: Howard Stambler si scopre essere un dipendente della "Tagruato", la società fittizia che ritroviamo nel predecessore e per la quale di lì a poco Robert Hawkins (interpretato da Michael Stahl-David) avrebbe iniziato a lavorare in Giappone. Da questa vicenda, questa saga ha creato un universo a sé stato che prende il nome di "Cloververse".


Arriviamo dunque all'inaspettato The Cloverfield Paradox, che solo dal trailer ha creato tantissimo hype esordendo con "10 anni fa è comparsa una minaccia, oggi sappiamo perché". E personalmente non vedevo l'ora di scoprirlo, ma non so quanto avrei aspettato. Tuttavia Netflix si è preso, in senso buono, gioco di noi e già 2 ore dopo il lancio del trailer il film era sulla piattaforma.

E dunque, com'è questo The Cloverfield Paradox? Tanto per cominciare mantiene quella relativa lentezza peculiare anche negli altri due film. Le risposte arrivano, ma arrivano dopo e bisogna resistere un po'. Certo è che tra le diverse cose che vengono alla luce, finalmente scopriamo a cosa dobbiamo l'appellativo "Cloverfield" che fino adesso, letteralmente "campo di quadrifogli", non voleva dire nulla e non si riusciva a trovare un contesto. Bene, ora finalmente sappiamo a cosa si vuole riferire. Viene in rilievo un aspetto molto interessante da un punto di vista fisico-scientifico che si rifà alla cosiddetta "teoria del multiverso" che è, diciamo, l'elemento centrale del film e che è in grado di darci delle risposte in merito alle vicende del primo e del secondo film. Ma non tocca a me spiegare come e quando il tutto è accaduto, toccherà guardarvi il film.

Tuttavia a parte il concetto "cloverfield" del film, viene da chiedersi se effettivamente sia un bel film. I primi due non erano malaccio, sia dal punto di vista tecnico che sinottico. Il terzo invece? A mio parere, ni. Forse un po' troppo considerevoli i buchi di sceneggiatura dal momento che il film spiega, anche se rimangono dei punti vaghi, in modo elastico gli eventi dei precedenti ma tutto ciò che è circostante alle circostanze non vengono in alcun modo esplicate. Effetti speciali utilizzati bene, a parte la sequenza finale in cui la CGI è veramente un pugno nell'occhio. Mi sono piaciute molto Gugu Mbatha-Raw nel ruolo di Hamilton ed Elizabeth Debicki in quello di Jensen. Ma il film di per sé devo dire che mi è piaciuto, l'ho riguardato volentieri una seconda volta e penso che lo rifarò ancora.

A quanto ho potuto leggere negli ultimi giorni, è già pronto il quarto capitolo della saga intitolato "Overlord" e la Paramount ha dimostrato di essere intenzionata a distribuirlo nelle sale cinematografiche intorno al 26 ottobre 2018. Non ci resta che attendere. 

In ultimo, mi complimento con Netflix per la sua uscita apprezzata dai fan e in generale dal pubblico. Ci risentiamo tra qualche giorno per la recensione con spoiler.

Voto personale: 4/5


sabato 27 gennaio 2018

THE OPEN HOUSE - Brutto Proprio


Quando Netflix tira fuori un thriller che possa sembrare interessante, io subito mi ci fiondo sperando che possa regalarmi qualcosa di notevole. Poi se il film vede come protagonista Dylan Mennette, alias Clay Jensen di "13 Reasons Why", che in altri titoli simili come ad esempio "Man In The Dark" ha trovato il suo ufficiale trampolino di lancio, allora forse posso ben sperare. E non lo avessi mai fatto. Purtroppo mentre da un lato il caro Netflix ci sa fare davvero tanto con le serie, lo stesso non può dirsi per i lungometraggi dei quali fino adesso se ne salvano giusto 2/3.

"The Open House" magari parte pure bene, ma è l'evolversi della sinossi che cade sempre più nel baratro. Buchi di trama, circostanze non spiegate e non spiegabili, jumpscares random giusto per non farti addormentare. Fondamentalmente è un film che non trasmette niente di niente, soprattutto quando l'assassino (perché di assassino si parla) fa quello che fa senza che il film spieghi il perché, il come e il quando. Assolutamente sconsigliato, e mi dispiace per il povero Dylan che è un attore molto bravo ma sprecato in questi tentativi puramente no sense. Brutto.

Voto personale: 1/5

domenica 3 settembre 2017

DEATH NOTE - Alcuni Aspetti Positivi


Non scrivo questa valutazione per andare controcorrente alla più grande fetta della comunità alla quale il film è piaciuto quanto camminare sui chiodi arrugginiti. Il film "Death Note", distribuito da Netflix, essendo una pellicola basata sull'opera di Tsugami Oba mostra alcuni punti di vista interessanti e che meritano di essere presi in considerazione. Ma prima di fare un'analisi di questi elementi, non posso non mettere in chiaro come la maggior parte delle persone che conoscono bene il fumetto e l'anime si mettano a paragonare il film con l'opera originale. Mi sembra alquanto chiaro che riproporre in un film di 1 ora e 40 minuti un anime di 37 episodi sia impossibile. La sinossi deve essere più spedita, alcune cose devono essere ricreate e adattate al contesto in cui le si vuole far ambientare. Questo io l'ho capito già con altre pellicole basate o ispirate all'opera originale (vedi Silent Hill, vedi Resident Evil, vedi 300), che discostano di parecchio da essa. Ciò tuttavia non vuol dire che, ricreando una storia, essa non possa essere raccontata decentemente. Magari la storia del film di Death Note non è stata raccontata in modo impeccabile, ma a mio parere non è malvagia. Preso come film a sé stante, dimenticando quindi l'anime, vediamo quali secondo me sono gli aspetti positivi.

- Ryuk: Willem Dafoe è Ryuk. A parte la CGI che gli hanno incollato sulla faccia (ne avrebbero potuto fare a meno), l'interpretazione dello Shinigami è spettacolare. Per chi conosce l'anime, noterà subito la fedeltà del demone del film con quello del manga. Stesso modo di porsi, stesso atteggiamento e con una risata che ha un fortissimo impatto. Per chi invece non ha mai visto l'anime, rammenterà un personaggio memorabile.

- L: Keith Stanfield interpreta il famigerato detective in un modo molto particolare e godibile. Le sue abitudini sono fedeli al personaggio del manga: sta chino su sé stesso, mangia dolci ed è trasandato. Per il resto si discosta su altri livelli. Lasciamo perdere il colore della pelle che non importa, le sue reazioni sono più umane e non del tutto fredde e fiacche. L'aspetto estetico è molto caratteristico, gli abiti neri che indossa per 3/4 del film, cappuccio e maglietta con collo alto per coprire il viso lo rendono affascinante.

- Le reazioni: i protagonisti per antonomasia (L e Light) non sono calmi, freddi e seri. Hanno una personalità più comune e vicina all'essere umano. Hanno paura, si arrabbiano, perdono la calma. Questo fa sì che li vediamo molto più vicini a noi anziché come modelli verso i quali tutti quanti noi nutriamo un desiderio di essere come loro: arguti, pacati e ammalianti.

- Le morti: a mio avviso realizzate bene, dalla prima decapitazione all'ultima architettata di Light. Gli effetti speciali utilizzati a dovere.

- La sinossi: molto diversa dall'originale. Alcuni ruoli si invertono, le cose vanno differentemente, molte sequenze vengono ricreate e riadattate. Questo però non inficia il racconto della storia che può piacere e non piacere. Io l'ho trovata gradevole e non banale. Visto il finale, mi aspetto qualche tocco in più nel sequel.

- La colonna sonora: sappiamo che la colonna sonora è molto importante in un film. In tal caso le scelte delle tracce le considero molto buone (mi sono innamorato di "Reckless" ad inizio film, di "The Power Of Love" alla fine e trovo adattissima anche "Take My Breath Away" al ballo della scuola). A mio parere stanno benissimo.

- Il finale: inizialmente quest'ultimo non lo avevo capito. Riguardandolo una seconda volta (sì, ho visto il film 2 volte) forse sono riuscito a fare 2 + 2, ma non voglio spoilerare. La risata di Ryuk che chiude tutto è un bel tocco. Ad ogni modo lascia aperta la strada per un sequel, e sono uno di quei pochi che lo attendono per vedere come le cose si evolveranno.

E dunque questi sono i motivi per cui Death Note non lo reputo un brutto film. Presente qualche buco di sceneggiatura e qualche elemento che non mi è piaciuto per niente (forse ne parlerò in un prossimo articolo), ma per il resto me lo aspettavo molto peggio.
Voto personale: 3/5

mercoledì 8 marzo 2017

SUITS - La Bella Legge


Finita ieri la quinta stagione e sono in attesa della sesta. Un legal drama che mi ha preso subito dall'episodio pilota e che nel finale di stagione si è meritata una valutazione di 5 stelle. Innanzitutto è una serie che mi riguarda da vicino essendo studente di giurisprudenza e, cercando qualcosa di adatto a me, devo dire che non mi ha deluso neanche un po'. Sarà banale da dire ma è una serie che in questi giorni mi ha spronato anche con i miei studi. Caratterizzata da un peculiare climax che mi ha toccato in ogni puntata e che mi invogliava ad andare fino in fondo per scoprire come Harvey riusciva a risolvere il caso, scoprire come l'ascesa di Mike poteva essere troncata da un momento all'altro. Il tutto contornato da una piccola ma presente atmosfera ansiogena. Un plauso particolare va a Rick Hoffman (interprete di Louis Litt) che anche se il suo personaggio appare come il rompi scatole di turno, in realtà con il suo faccione e con il suo atteggiamento è riuscito a farmici affezionare e a strapparmi anche diversi sorrisi! Un altro motivo per continuare a guardare Suits? La segretaria di Harvey: Donna! Interpretata dalla bravissima e bellissima Sarah Rafferty.
Vediamo come si evolverà il tutto con l'uscita della sesta stagione, e spero che la mia valutazione continui ad essere tale!
Valutazione personale: 5/5.


giovedì 2 marzo 2017

UNA SERIE DI SFORTUNATI EVENTI - Un Fausto Inizio


Dopo poco tempo dall'uscita si è creata subito una divisione tra utenti che preferiscono il film e chi invece sta adorando la serie. Per quanto riguarda la mia posizione, avendo visto innumerevoli volte il film e avendo concluso da poco la prima stagione della serie, dico fin da subito che reputo quest'ultima un gioiellino per diversi aspetti superiore rispetto alla pellicola. Innanzitutto voglio fare un plauso a Neil Patrick Harris per l'interpretazione del conte Olaf. Secondo me è riuscito ad eguagliare la recitazione di Jim Carrey nei suddetti panni, regalandoci bei sorrisi e non solo, anche momenti in cui lo si odia. Un nota di merito va anche e soprattutto a Malina Weissman e Louis Hynes, rispettivamente Violet e Klaus Baudelaire, a me ignoti ma che si sono rivelati essere all'altezza della situazione. Un favoloso Patrick Warburton nei panni di Lemony Snicket che riappare di tanto in tanto nel corso delle puntate per narrare la storia. La serie si alterna magnificamente tra momenti in cui ti scoppia una risata e momenti in cui sopravviene tristezza, incastrando molto bene anche notevoli colpi di scena. Avendo già visto il film determinate circostanze sapevo già come sarebbero andate a finire, tuttavia lo stesso non posso dire delle ultime due puntate di stagione che hanno aperto un nuovo sipario e già volevo sapere come sarebbe andato a finire. Il finale è stato da brividi e non vedo l'ora che esca la seconda stagione. Ecco perché ho voluto denominare questa mia riflessione "Un Fausto Inizio", al contrario del titolo delle prime due puntate "Un Infausto Inizio", proprio per risaltare il mio entusiasmo per la visione. Che la seconda stagione arrivi presto!
Voto personale: 5/5 

lunedì 20 febbraio 2017

LA FESTA DELLE FIDANZATE - No sense (?)


Bob Odenkirk è il protagonista di questo film originale Netflix che non ho ben capito dove voglia andare a parare. Dalla premessa in evidenza sembrava molto interessante, mi ha dato l'idea di essere un film capace di farmi passare un'oretta in tutta spensieratezza. Tuttavia, a parte qualche battutina strappa sorriso del caro Bob e del suo simpatico faccione al quale sono affezionato, ho trascorso un'ora e dieci nella più totale noia tra buchi di sceneggiatura e situazioni talmente surreali da farti chiedere in continuazione "perché?!". La pellicola mi è parsa un grande NO SENSE, non so se a voi ha fatto lo stesso effetto. Visto la breve durata, 70 minuti, sicuramente ci saranno state un bel po' di scene tagliate rendendo il film un enorme what the fuck?
Mi dispiace molto, soprattutto per l'attore che tutti conosciamo come Saul in Breaking Bad e Better Call Saul, ma questa pellicola per me è un passo falso.
Valutazione personale: 2/5

sabato 18 febbraio 2017

GRILLO VS GRILLO - Il Primo Speciale Comico Italiano di Netflix


Lo show "Grillo VS Grillo" si spera sia il punto di partenza di una nuova categoria nel catalogo italiano di Netflix: lo stand-up comedy nostrano. Infatti lo speciale comico in oggetto è il primo ad approdare nel catalogo della piattaforma, e auspico non sia l'ultimo. Difatti c'è una grossa carenza di spettacoli di comici italiani nel nostro servizio di streaming preferito, che ha voluto così porre rimedio. Nello show in oggetto Grillo ci mostra la capacità di ridere di sé stesso, e non soltanto facendo riferimento al suo movimento politico, ma prendendo di mira quelle che sono state le tappe della sua vita: quando era bambino, quando ha iniziato a fare sketch comici sui palchi, i suoi primi viaggi di lavoro nonché la sua vita privata. Naturalmente non mancano i riferimenti al partito a cui ha dato vita insieme all'imprenditore Gianroberto Casaleggio. Un'ora e mezza di battute e di autoironia che vi faranno divertire senza dubbio, alla stregua dei suoi show alla Rai.
Valutazione personale: 4/5.